La Psicoterapia Individuale a orientamento Cognitivo-evoluzionista

Bowlby (69), integrando le conoscenze dell’etologia, della psicoanalisi e i principi evoluzionisti tracciati da Darwin con i dati empirici e osservazionali del comportamento dei bambini, ha fondato la teoria dell’attaccamento che ha cambiato la mentalità di molti ricercatori e clinici in tutto il mondo.

Seppure innovativa e influente, tuttavia la teoria dell’attaccamento di per sé non è sufficiente per comprendere la complessità del funzionamento umano e in particolare del rapporto terapeuta-paziente (Slade, 2008; Liotti, 2015) perché in esso si verificano dinamiche molteplici e complesse. Per comprendere tale complessità è utile una teoria che contempli differenti Sistemi Motivazionali Interpersonali. Bowlby (69) stesso accenna l’esistenza di altri sistemi motivazionali (dell’accudimento e dell’esplorazione) che, al pari dell’attaccamento, regolano i comportamenti e gli stati emotivi.

La teoria evoluzionistica della motivazione proposta da Liotti (95/2005, 2017; Liotti & Farina, 2011; Liotti & Monticelli, 2014) rappresenta l’estensione della teoria dell’attaccamento, presupponendo che il funzionamento normale di ogni essere umano sia fondato sull’armonica e flessibile attivazione di differenti motivazioni.

La teoria di Liotti contempla, oltre alle motivazioni a cercare protezione, ad accudire, a competere e a cooperare, anche quelle che regolano la sessualità, il gioco, l’affiliazione e l’intersoggettività. Tali motivazioni seguono sul piano evoluzionistico quelle più arcaiche che non hanno implicazioni interpersonali. I sistemi motivazionali più arcaici regolano gli stati emotivi e le tendenze a mettere in atto comportamenti di difesa, di predazione e di sessualità primitiva (Liotti 94/2005; Liotti & Farina, 2011; Liotti & Monticelli, 2008).

La patologia, secondo il modello cognitivo-evoluzionista, rappresenta l’epifenomeno dell’attivazione inappropriata dei sistemi motivazionali che origina dagli schemi e dai cicli interpersonali disfunzionali del paziente, producendo stati emotivi disregolati e condotte che limitano la libertà dell’individuo.

Nella relazione terapeutica, l’attivazione disregolata dei sistemi motivazionali può provocare la desintonizzazione dal piano cooperativo del terapeuta che crea e mantiene l’alleanza terapeutica (Liotti & Monticelli, 2014).

Da quanto esposto deriva una teoria della cura che enfatizza l’importanza di rendere più modulata la disregolazione motivazionale del paziente attraverso l’analisi approfondita del suo funzionamento motivazionale che viene effettuata soprattutto all’interno della relazione terapeutica.

Da quanto detto risulta chiaro che la relazione terapeutica rappresenta il luogo elettivo per identificare “in vivo”, comprendere congiuntamente al paziente e correggere “a caldo” gli schemi e i cicli interpersonali disfunzionali che emergono specialmente nelle fasi di impasse e di rottura dell’alleanza terapeutica.

Se il terapeuta è in grado di monitorare in tempo reale le sequenze motivazionali, potrà identificare immediatamente le fasi di desintonizzazione del piano cooperativo che segnalano le crisi (impasse o rottura) dell’alleanza, per avviare tempestivamente il processo di riparazione.

Come ampiamente noto, l’alleanza terapeutica rappresenta il più robusto predittore di esito della terapia e il successo nelle riparazioni delle rotture dell’alleanza è correlato con la prosecuzione della terapia e con il buon esito finale. Inoltre, è importante sottolineare che il monitoraggio continuo della relazione e dell’alleanza migliora in maniera significativa l’esito della psicoterapia.

Nell’approccio multi motivazionale, il monitoraggio delle motivazioni attive nel dialogo clinico rappresenta un elemento fondamentale nell’intervento terapeutico perché consente

  1. di identificare in tempo reale le crisi della cooperazione indicative di crisi dell’alleanza terapeutica (impasses e rotture)
  2. di identificare il principale attore (paziente o terapeuta) che innesca le crisi dell’alleanza
  3. di identificare in vivo gli schemi e cicli disfunzionali visibili nelle crisi dell’alleanza
  4. di differenziare i diversi tipi di rottura o di impasse dell’alleanza
  5. di migliorare la regolazione affettiva nella relazione terapeutica allo scopo di trovare l’assetto relazionale più efficace, gestire e riparare le rotture
  6. di valutare gli effetti dell’intervento terapeutico, facilitando l’atteggiamento sartoriale del terapeuta, migliorando la coordinazione interpersonale, favorendo la riparazione delle rotture dell’alleanza e riducendo il rischio di drop out del paziente (Monticelli, 2023).